Falstaff
Jago
Tito Gobbi mentre parla con M.Del Monaco
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Nato
a Bassano Veneto, che prima della Grande Guerra non si chiamava ancora
Bassano del Grappa, Tito Gobbi era avviato a studi giuridici. Ma più
che studiare amava stare in compagnia di amici, fare sport e
cantare.
Proprio
nel giardino della Villa del Barone Zanchetta, fu notata la sua voce: il
Barone, che era un musicista, lo chiamò, gli fece cantare qualche nota
e gli disse che aveva una bella voce di baritono; perché non studiava
canto? Al giovane Tito sembrò che studiare canto fosse più facile che
studiare legge - che ingenuità, dirà una cinquantina d'anni dopo, non
ho mai smesso di studiare - e seguì volentieri il prezioso
consiglio.
Si
trasferì a Roma nel 1932, dove conobbe Giulio Crimi, illustre tenore e
maestro severo e paterno, e conobbe anche Tilde, figlia del musicologo
Raffaello de Rensis, pianista, presto signora Gobbi. Anzi, non tanto
presto: prima, nel '35 l'impaziente giovanotto vuole debuttare sulla
scena, lo fa a Gubbio, come Conte Rodolfo nella Sonnambula di Bellini.
Il risultato è un disastro tale che sembra non si possa dare di peggio,
invece succede: l'anno seguente, debuttando alla Scala, con una parte di
poche parole riesce a rovinare un'intera scena nella prima assoluta
dell'Orseolo di Pizzetti.
Fortunatamente
la serie dei disastri finisce qui, e nel 1936 stesso vince il Concorso
Internazionale di canto di Vienna.
A
questo segue un film, "I Condottieri", in cui Tito canta e
recita, ma sostituisce anche il protagonista (e regista) Luis Trenker in
scene atletiche o pericolose, e ad un certo momento il suo personaggio,
"Nino il Cantore", deve morire: altrimenti, gli dice Trenker,
diventi più importante di me. Con questo film, Tito Gobbi è diventato
abbastanza ricco da potersi sposare, è il 1937, anno del suo debutto
vero e proprio al Teatro Adriano di Roma, nel ruolo di Papà Germont
nella Traviata.
Comincia
un periodo di intensissimo lavoro, al Teatro Reale dell'Opera di Roma,
dove sotto la guida di Tullio Serafin, alterna piccoli ruoli a quelli di
protagonista che lo renderanno famoso sulla scena internazionale,
alterna il grande repertorio a opere rare, a prime assolute.
Il
nome di Tito Gobbi, non ancora trentenne, si lega fra l'altro alla prima
italiana del Wozzeck di Berg (1942, Roma, Tullio Serafin
direttore).
La
guerra non ferma la sua carriera teatrale e cinematografica, anzi,
durante e subito dopo il conflitto, è sempre più in giro per l'Italia,
a portare l'allegra esuberanza di Figaro, la universale parola di pace
di Simon Boccanegra, a chi ha voglia di musica e di vita.
Dopo
la guerra comincia la grande carriera internazionale, a Stoccolma nel
1947, poi Londra, New York, Salisburgo (Don Giovanni con Furtwaengler,
1950), Vienna, Lisbona, Chicago, Parigi, anche l'Australia e il
Sudafrica.
I
suoi partner, Beniamino Gigli e Tito Schipa, Maria Caniglia e Maria
Callas, Giulio Neri e Italo Tajo, e ancora Giulietta Simionato e
Giuseppe Di Stefano, Renata Tebaldi e Magda Olivero e tutti i più
grandi della sua epoca, anzi delle sue epoche, perché la lunga carriera
di Tito Gobbi ha attraversato diversi decenni.
Testimoniate
da dischi e alcune anche da film, le sue grandi interpretazioni: Tito
Gobbi incarna con la stessa naturalezza la malvagità e l'umanità
immensa di Rigoletto, il fascino perverso del Barone Scarpia, il nobile
idealismo del Marchese di Posa, la sottile perfidia di Jago - e come
ride malizioso il suo "monello" Gianni Schicchi, come sorride
invece amaro il suo grasso Cavaliere Sir John Falstaff... Questa magia
è dovuta al suo studio mai esaurito, alla cura estrema della parola,
del "colore", del trucco che faceva sempre da sé, del
"legato" fra atteggiamento, movimento scenico ed espressione
vocale, all'intensità nel canto, nella recitazione, nello sguardo.
Insomma, una personalità artistica composita, che porterà Tito Gobbi a
diventare anche regista - dal 1965 in poi, Simon Boccanegra a Chicago e
a Londra - e insegnante.
Smettendo
di cantare nel 1978, con queste due attività occupa intensamente gli
ultimi anni, trasmettendo ai giovani con grande generosità la sua
esperienza, con umiltà - io non insegno, studiamo insieme - e con
amore, sentendo questo come un atto dovuto ai suoi Maestri e a
Dio.
Alcune
cifre: 103 titoli in repertorio, 25 opere complete incise in disco, 879
recite di Tosca, 1 moglie (Tilde de Rensis), 1 figlia (Cecilia), 1
nipote (Isabella), 2 libri, innumerevoli hobby: viaggi, disegno,
pittura, collezioni, automobili, cucina, animali (4 cani, più di 6
gatti, 1 leone).
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