Werther | Valerio Borgioni |
Charlotte | Mariangela Marini |
Albert | Guido Dazzini |
Le Bailli | Alberto Comes |
Schmidt | Nicola Di Filippo |
Johann | Filippo Rotondo |
Sophie | Gesua Gallifoco |
Brühlmann | Andrea Gervasoni |
Käthchen | Luisa Bertoli |
Direttore | Francesco Pasqualetti |
Regia | Stefano Vizioli |
Scene | Emanuele Sinisi |
Costumi | Anna Maria Heinreich |
Luci | Vincenzo Raponi |
Visual | Imaginarium Creative Studio |
Filarmonica dell'Opera Italiana "Bruno Bartoletti" |
La moderna tecnica delle proiezioni consente di far comparire frasi manoscritte sul grande foglio bianco, parzialmente accartocciato, che caratterizza l'intera scena di Werther. L'opera che Massenet trasse dal più iconico dei romanzi epistolari è il primo titolo del 2022 al Verdi di Pisa, che sembra compiere un tuffo nel suo recente passato presentando l'allestimento creato da Stefano Vizioli, che del teatro toscano è stato direttore artistico fino al 2020.
Nel novembre di quello stesso anno lo spettacolo realizzato da OperaLombardia è stato diffuso in streaming nell'esecuzione al Grande di Brescia (qui la recensione di Simone Manfredini). È stato poi rappresentato in altri teatri del nord Italia (Como, Ferrara e Reggio Emilia) che lo hanno coprodotto con quello pisano, con cast variabili. Quello visto nella prima delle due recite previste al Verdi era composto da giovani interpreti, i quali hanno fornito prove singole di grande interesse e dimostrato anche un notevole affiatamento.
Una Pisa evidentemente spaventata dai numeri della pandemia ha disertato il proprio teatro - fino a poche stagioni or sono costantemente esaurito ogni sera - lasciando “forni” evidentissimi per questo Werther e mancando così una delle migliori produzioni viste al Verdi negli ultimi anni. Lo spettacolo di Vizioli è semplice, lineare, di grande eleganza, ben caratterizzato ma senza prevaricanti eccessi. L'impostazione di base, solo apparentemente didascalica, è quella sopra accennata di richiamare la natura epistolare del romanzo di Goethe con la pagina che domina la scena minimale e suggestiva creata da Emanuele Sinisi, con un uso quanto mai misurato (e in questo esemplare) delle proiezioni, usate solo per comporre parole sul foglio. I personaggi sono disegnati con sensibilità, la necessità di mantenere le distanze tra i cantanti - che si pose al momento in cui fu ideata la regia - neppure si nota. Le luci di Vincenzo Raponi sono sempre appropriate e i costumi di foggia classica di Anna Maria Heinreich contribuiscono alla raffinatezza dell'insieme. Di forte impatto l'idea di immaginare la storia come ripercorsa da Charlotte ormai anziana, che al crepuscolo della sua vita ancora rievoca il passato e non si dà pace per la fine di Werther. Così la si vede sulla sedia a rotelle all'apertura di sipario, ma soprattutto nella scena finale, che diventa un duetto tra due anime sole, con lei impotente e immobilizzata, che nulla può fare per il giovane agonizzante sul letto.
Francesco Pasqualetti si conferma bacchetta eclettica nello spaziare in generi anche molto distanti del repertorio operistico, riuscendo a cogliere ogni volta stile e tinta adeguati. Alla guida della discreta Orchestra dell'Opera Italiana “Bruno Bartoletti” che ha solo qualche veniale sbandamento, la direzione bada al sodo e non rinuncia a sottolineare i passaggi più arroventati con grandi espansioni sonore, per una lettura del Werther in cui c'è più dramma che pathos. Un sospetto caso di positività ha costretto a rinunciare al coro delle voci bianche, ma la pur dolorosa mancanza non ha intaccato il successo della serata.
Note liete anche da tutta la compatta compagnia di canto, con l'appena venticinquenne Valerio Borgioni che, al netto di qualche tensione negli acuti dei primi due atti, dimostra una preparazione e una sensibilità espressiva davvero sorprendenti. La voce è di spessore lirico-leggero, ma ben emessa e abbastanza sonora, ma quello che si impone è soprattutto la padronanza di un personaggio tanto impegnativo, con una ammirevole tenuta musicale per tutta la lunga parte, un fraseggio curato e rifinito e un crescendo drammatico che trova il culmine in un'emozionante esecuzione di “Pourquoi me reveiller”. E va da sé che la figura giovane e snella del tenore sia pressoché ideale per Werther.
Un bel timbro mezzosopranile piuttosto personale caratterizza la vocalità della temperamentosa Mariangela Marini che disegna una Charlotte tormentata e di forte impatto, più matura del protagonista maschile (ma in questo bene in linea con l'impostazione registica), dove anche alcune asprezze negli estremi acuti sono funzionali alla resa espressiva del personaggio.
L'Albert di Guido Dazzini è ottimamente risolto con linea vocale precisa, buona personalità e gusto, mentre la giovanissima Gesua Galifoco è una credibile Sophie, delicata, ansiosa e ingenua, cantata con la necessaria morbidezza.
Ben a fuoco il Bailli di Alberto Comes. Il cast è validamente completato da Nicola Di Filippo (Schmidt), Filippo Rotondo (Johann), Andrea Gervasoni (Brühlmann) e Luisa Bertoli (Kätchen).
Grande successo per tutti i protagonisti della produzione con lunghi e intensi applausi. Peccato per l'assenza a Pisa di Vizioli, che avrebbe meritato di ricevere il saluto di quello che per sue stagioni è stato il “suo” teatro.
La recensione di riferisce alla recita del 15 gennaio 2022.
Fabrizio Moschini