Paolo Erisso | Dmitry Korchak |
Anna | Vasilisa Berzhanskaya |
Calbo | Varduhi Abrahamyan |
Condulmiero | Li Danyang |
Maometto II | Roberto Tagliavini |
Selimo | Andrea Calce |
Direttore | Michele Mariotti |
Regia | Calixto Bieito |
Scene | Anna Kirsch |
Costumi | Ingo Krügler |
Luci | Michael Bauer |
Maestro del Coro aggiunto | Vincenzo Caruso |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Nuova Produzione del Teatro di San Carlo |
Il San Carlo ha chiuso la stagione 2022-2023 con il Maometto II di Gioachino Rossini, opera che proprio qui nacque nel 1820, vi fu ripresa sei anni dopo per un'unica rappresentazione, e poi più nulla fino ad oggi. Opera quindi "napoletana" ma allo stesso tempo rarissima per Napoli, riproposta nella versione originale secondo l'edizione critica approntata da Ilaria Narici (direttrice scientifica della Fondazione Rossini di Pesaro).
Grande capolavoro, complesso per la sua lunghezza, un Rossini innovatore che va ben oltre lo schema "recitativo-aria-recitativo-concertato", con melodie che si fanno spesso lente e lunghe quasi come sarà in futuro lo stile belliniano. In più c'è una trama senza cali di tensione dove vicende intime e amor di patria si intrecciano e infrangono i limiti della ragion di stato.
Per un’opera così mastodontica ci sarebbe voluto un regista esperto di questa poetica e che sapesse lavorarci dentro. Calixto Bieito ha fatto quello che ha potuto, ma "questo" Rossini si è dimostrato troppo spinoso per lui. In pratica si è perso per strada con uno spettacolo in bilico fra oscuri simboli spesso fastidiosi ma inoffensivi e momenti in cui ha lasciato la scena al canto, come ad esempio il lungo finale.
Uno spettacolo non bello e non riuscito per il quale erano ammessi dissensi, ma è stato esagerato l’uragano di fischi che, come le cronache hanno riferito, c’è stato alla prima di domenica 28 novembre (saltata per sciopero la data originariamente prevista, il 24 novembre).
Soprattutto se si ripensa alle altre messinscene quasi fallimentari del Rossini serio al San Carlo lo scorso decennio (basti citare Ermione o Mosè in Egitto) i danni di Bieito vanno ridimensionati. Diciamo che stavolta la drammaturgia dell'opera, facendo la tara alle stravaganze, è rimasta riconoscibile e il regista spagnolo non ha ceduto alla tentazione della plateale noncuranza del libretto per costruire in scena qualcosa di "altro".
L’elemento più irritante è stato caso mai il rumore: quello del bustone di plastica agitato da Calbo o della carta geografica fatta a pezzettini da Maometto ad esempio, o le sonore risate del Coro femminile mentre l'orchestra introduce "È follia sul fior degli anni", e fa male che a coprire con questo baccano quanto scritto da Rossini siano stati proprio gli artisti.
Difficili da digerire anche le inevitabili sciocchezzuole, come Paolo Erisso con erogatore d'ossigeno portatile, i gesti ripetitivi nevrotico-ossessivi di Anna o di Calbo, il coro che recava con sè un po’ di tutto da carrelli del supermercato a valigie con le rotelle, a bancarelle portatili alle onnipresenti buste di plastica che vengono fatte roteare per aria.
Scene di Ana-Sofia Kirsch tutto bianco nel primo atto e tutto nero nel secondo. Unico arredo, vari cavalli di Frisia che nel secondo atto venivano sollevati e liberati dai grandi fogli di plastica nera che li ricoprivano. A questo punto illuminati da neon e sullo sfondo scuro sembravano un futuristico cielo stellato costruendo un’immagine perfino, a modo suo, suggestiva anche grazie alle luci curate da Michael Bauer. Ingo Krügler ha firmato i costumi, ma a chiamarli così si rischia di offendere chi sul serio crea costumi teatrali, visto che basta andare in qualunque mercato per comprare abitini uguali.
Tutto bene invece dal punto di vista musicale.
La grisaglia grigia in cui era costretto negava l'importanza di Maometto, ma ci ha pensato Roberto Tagliavini con il tratto vocale imponente e con fraseggio chiaro e autorevole a dargli la dignità che gli spetta. Un po' di impaccio è trapelato nelle scene che lo vedevano alle soglie della psicopatologia mentre baciava le bamboline che aveva usato come segnaposto sulla carta geografica, o quando doveva goffamente sedurre di Anna.
Ovazioni meritate per Vasilisa Berzhanskaya, Anna Erisso di bella pasta vocale omogenea e brunita da vero mezzosoprano rossiniano, che ha risposto a tutte le richieste di una prova lunga e gravosa con emissione fluida, senso del legato (si pensa a "Giusto Ciel, in tal periglio") e dell'agilità, arrivando senza cedimenti al lunghissimo finale. Un po' di presenza scenica in più con meno timidezza e la primadonna sarebbe compiuta.
Calbo ha avuto in Varduhi Abrahamyan un’interprete attenta, un po' penalizzata dal pubblico con applausi meno intensi degli altri artisti ma ingiustamente: la cantante fa viaggiare la voce con ottima tecnica, forse non perfettamente a fuoco nella prima parte dell'opera ma poi di grande intensità in tutta la lunga scena con Erisso nei sotterranei fra i sepolcri, fino ad offrire un "Non temer d'un basso affetto" di alto livello.
Con bella sicurezza Dmitry Korchak ha fatto di Paolo Erisso un protagonista in continua tensione interpretativa, con accenti contrastati e pieno controllo della linea vocale fino agli acuti sicuri e sonori che lo mettevano in evidenza anche nei numeri di insieme.
Ottimo il Condulmiero di Li Danyang e altrettanto bene a fuoco il Selimo di Andrea Calce, entrambi allievi dell'Accademia per cantanti lirici del San Carlo.
L'impegno del Coro in quest'opera è continuo e multiforme, in varie formazioni e sottosezioni. Fra veneziani, seguaci di Maometto, concubine dell'harem e amiche di Anna Erisso il complesso del San Carlo se l'è disbrigata benissimo grazie alle cure del Maestro aggiunto Vincenzo Caruso che ben modulato l'espressività e le armonizzazioni della compagine.
Con un controllo stretto dei volumi e alle dinamiche Michele Mariotti dimostra una volta di più la sua affinità con Rossini concertando una partitura impervia con una progressione inarrestabile per teatralità, equilibrio dinamico e di tempi. Così stimolata l'Orchestra del San Carlo ha assicurato una prestazione di grande omogeneità e rigore sonoro, e questo nonostante le recenti agitazioni abbiano turbato anche il lavoro delle prove.
San Carlo gremito, nell'intervallo accese discussioni sulla regia, al termine applausi nutriti per tutti con punte di entusiasmo per la Berzhanskaya e Tagliavini.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 31 ottobre 2023.
Bruno Tredicine