Kristina | Angela Nisi |
Nini | Romina Tomasoni |
Giovane Konrad | Davide Giusti |
Giovane Henrik | Pavol Kuban |
Konrad | Alfonso Antoniozzi |
Henrik | Roberto Scandiuzzi |
Maestro concertatore e direttore | Francesco Cilluffo |
Danzatori | Fattoria Vittadini: Chiara Ameglio, Mattia Agatiello, Cesare Benedetti |
Coreografie | Mattia Agatiello |
Regia | Leo Muscato |
Scene | Tiziano Santi |
Costumi | Silvia Aymonino |
Orchestra Internazionale d’Italia |
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La nuova opera di Marco Tutino ,Le braci, tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore ungherese Sándor Márai, ha fatto il suo esordio ieri sera nell’Atrio del Palazzo Ducale di Martina Franca, in occasione della 41ma edizione del Festival della Valle d’Itria,con esiti più che lusinghieri sia per il compositore sia per il festival che ne ha promosso la messa in scena unitamente al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
Un’opera che ha luogo, temporalmente, nell’arco di una quarantina d’anni tra la fine dell’Impero austro-ungarico e l’inizio del secondo conflitto mondiale e vede protagonisti due amici, Henrik e Konrad, “segnati” sia nel fisico che nell’anima dal trascorrere del tempo, i quali in gioventù hanno condiviso gli stessi sentimenti per la bella Kristine. A distanza di tanti anni i due si ritrovano e hanno l’occasione di dipanare dubbi rispondendo a quegli interrogativi che ardono nel loro animo da lungo tempo come “braci”. Un tormento al quale si darà termine solamente nel momento in cui, trascorse intere esistenze, si apprenderà la verità. Con la tecnica del flashback essi rivivono, contemporaneamente al presente, quanto si presume sia avvenuto in gioventù, causa ed effetto delle passioni e dei dubbi dei protagonisti.
La musica non si limita a tracciare il divenire dell’azione, tra accensioni in fortissimo e melodie cantabili, ma ad approfondire le psicologie, a suggerire le emozioni, a esplorare i sentimenti, i pensieri più reconditi. Grazie all’uso di una scrittura tonale, che non ha bisogno apparente di essere decodificata, Tutino affida all’orchestra un ruolo fondamentale ai fini dell’unità stilistica dell’opera puntando su motivi simbolico-evocativi. Non a caso il climax drammatico si raggiunge proprio nelle parti strumentali più che in quelle vocali. In effetti la dominante strumentale consente all’autore di sperimentare quasi ossessivamente soluzioni in grado di superare la concezione dell’opera a pezzi chiusi. Anche la scelta delle voci aiuta nella differenziazione dei piani espressivi con l’alternanza tenore-baritono per i due protagonisti da giovani e baritono-basso da vecchi.
La partitura dell’opera è breve ma insidiosa, ma il direttore Francesco Cilluffo ha studiato a fondo risolvendola in maniera persuasiva, con gesto chiaro e comunicativo aiutato dall’eccellente resa dell’Orchestra Internazionale d’Italia.
Le “braci” ardono anche nelle scene di Tiziano Santi, che rappresentano l’interno di un castello e un bosco ai piedi dei Carpazi, luoghi della memoria che alimentano i dubbi nei protagonisti, quelli stessi che il regista Leo Muscato, attraverso una lettura volutamente retro, cerca di dipanare con esemplare chiarezza di racconto e un uso accorto delle luci. Eccellente la compagnia di canto con Roberto Scandiuzzi sugli scudi nella parte di Henrik. Bene anche Alfonso Antoniozzi, un tormentato Konrad, Angela Nisi, intensa Kristina, Romina Tomasoni, Nini, Davide Giusti, Giovane Konrad, Pavol Kuban, Giovane Henrik, tutti impegnati nel rendere credibili sia scenicamente che interpretativamente i rispettivi personaggi.
Il pubblico ha apprezzato l’operazione e ha applaudito con convinzione tutti gli artefici dello spettacolo. Calorose accoglienze sono state infine rivolte all’autore al termine dell’opera.
Dino Foresio