Floria Tosca | Clarissa Costanzo |
Mario Cavaradossi | Azer Zada |
Il Barone Scarpia | Massimo Cavalletti |
Cesare Angelotti | Omar Cepparoli |
Il Sagrestano | Nicolò Ceriani |
Spoletta | Alfonso Zambuto |
Sciarrone | Eugenio Maria Degiacomi |
Un Carceriere | Paolo Breda Bulgherini |
Un Pastorello | Dalia Spinelli |
Direttore | Henry Kennedy |
Regia | Luca Orsini |
Scene | Giacomo Andrico |
Costumi | Rosnna Monti |
Luci | Tiziano Panichelli |
Maestro del Coro | Marco Bargagna |
Maestro del Coro di voci bianche | Angelica Ditaranto |
Altro maestro del Coro di voci bianche | Lorenzo Corsaro |
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini | |
Coro Arché | |
Coro delle Voci Bianche Puccini 100 in collaborazione con Coro di Voci Bianche della Cappella di Santa Cecilia di Lucca Coro di Voci Bianche della Scuola di Musica "Giuseppe Bonamici" di Pisa |
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Nuovo allestimento del Teatro del Giglio di Lucca, in ricordo di Cristina Pezzoli Coproduzione Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Goldoni di Livorno, Teatro Verdi di Pisa, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Comunale di Modena, Teatro Comunale di Ferrara |
Per celebrare il centenario dalla scomparsa del suo celebre cittadino Lucca punta sul sicuro inaugurando la stagione 2024-2025 del Teatro del Giglio con Tosca, una delle opere più rappresentate al mondo. Il fascino dell'evento è dato dall'avere programmato la prima nel giorno esatto in cui ricorrono i cento anni dalla morte del compositore. E in barba alle considerazioni che potrebbero sorgere sulla ripetitività di titoli che vengono proposti fino allo sfinimento, in tutti i cartelloni, di tutti i teatri grandi e piccoli, anche in assenza di celebrazioni, la risposta al botteghino pare dare ragione a chi ha scelto la “solita” Tosca: teatro esaurito fino all'ultimo posto e spettacolo trasmesso nel vicino Cinema Astra, del pari tutto esaurito, per chi è rimasto fuori la sera della prima.
Avere partecipato a una ricorrenza come i cento anni dalla scomparsa di Puccini nel teatro principale della di lui città natia fa propendere per una certa indulgenza verso una produzione nel complesso godibile ma non esattamente esemplare, che ha quanto meno il pregio di presentare una locandina composta da nomi emergenti o comunque non scontati, accanto a una voce toscana importante.
La direzione dell'inglese Henry Kennedy non è priva di pregi, a partire da una costante eleganza che consente di porre in evidenza il bel suono compatto dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, facendola risultare generosa nel volume ma mai prevaricante, né tanto meno volgare. Tanto evidente amore per la partitura sfocia anche in una sorta di contemplazione della stessa, che porta la bacchetta ad allargare spesso i tempi risolvendo l'esecuzione più nella solennità che nella teatralità. Quest'ultima non può dirsi del tutto assente, ma zoppica un po', anche a causa di un trio di protagonisti alterni nel rendimento nel corso della serata.
Clarissa Costanzo è la giovane interprete del ruolo del titolo e ha già diversi numeri da sfoggiare, a partire da una voce ampia in natura e di bel colore, specialmente nella prima ottava. L'impostazione del canto pare però caratterizzata dalla cosiddetta “posizione bassa”, così che a suoni gravi e nel primo medium rigogliosi e rotondi si contrappone un registro superiore un po' - per così dire - “random”, con alcuni acuti molto a fuoco e altri meno e la prestazione, soprattutto per questo, convince a sprazzi. Non male il primo atto, male la cantata fuori scena, meglio “Vissi d'arte”, piuttosto bene l'ultimo atto. Al pur promettente soprano manca ancora, almeno in parte, la personalità per dominare un ruolo così iconico del melodramma, reso con un'espressività sin troppo matronale per una cantante così giovane.
Abbastanza sconcertante il Cavaradossi di Azer Zada, tenore dallo strumento che, da quanto si suppone ascoltando questa recita, ha bisogno di molto tempo per scaldarsi. Da un primo atto faticoso caratterizzato da suoni secchi che compromettono in particolare “Recondita armonia” si passa a un secondo atto di buona routine e a un terzo atto in cui pare quasi di ascoltare un altro cantante, con un'emissione talmente ammorbidita che lo stesso timbro risulta ben più gradevole di quanto non fosse sembrato fino ad allora. “E lucevan le stelle” costituisce così uno dei momenti migliori della serata.
Altrettanto sconcertante è la vocalità di Nicolò Ceriani, interprete un po' sopra le righe ma che indubbiamente sa catalizzare l'attenzione sugli interventi del suo Sagrestano, in virtù di uno strumento potente, che l'acustica assai generosa del Teatro del Giglio fa apparire addirittura colossale e sovradimensionato per il ruolo, in grado quasi di rivaleggiare in potenza con lo Scarpia di Massimo Cavalletti. Il quale dopo poche frasi dal suo ingresso sembra mangiarsi in un boccone tutto il resto del cast tanta è l'ampiezza e la naturale bellezza timbrica di una voce a dir poco poderosa. Il baritono toscano è piuttosto efficace anche dal punto di vista espressivo, sa come accentare le frasi e rifinisce la prova vocale con qualche buona smorzatura. Peccato che una certa durezza del registro acuto tenda ad accentuarsi nel corso della recita, con una certa tendenza a spingere e produrre note fisse che si accentua nel secondo atto con la conseguenza di più di un suono poco gradevole, con effetto amplificato da tanta dovizia di mezzi in una sala relativamente piccola.
Perfettibili, ma comunque discrete le parti di fianco: assai incisivo Omar Cepparolli come Cesare Angelotti, corretto Alfonso Zambuto come Spoletta, bene Eugenio Maria Degiacomi come Sciarrone, benino Dalia Spinelli come Pastore e dignitoso Paolo Breda Bulgherini negli interventi del Carceriere. Il Coro Arché diretto da Marco Bargagna contribuisce al successo della serata al pari del Coro delle Voci Bianche Puccini 100 preparato da Angelica Ditaranto impegnato assieme al Coro di Voci Bianche della Cappella di Santa Cecilia di Lucca e al Coro di Voci Bianche della Scuola di Musica “Giuseppe Bonamici” di Pisa diretti da Lorenzo Corsaro.
L'allestimento di Luca Orsini è fedele alla drammaturgia ma cerca di caratterizzarsi, non senza efficacia, per l'atmosfera noir e poco realistica in cui la vicenda si svolge, dove i tradizionali “luoghi di Tosca” sono certamente evocati, ma senza la consueta proposizione oleografica della Roma post-napoleonica. Qui ci si avvicina più a una Roma imperiale decadente, quasi malsana e inquietante nelle grandi costruzioni in degrado create da Giacomo Andrico. L'impianto scenico ha uno sviluppo verticale molto accentuato, ancor più, forse, dalla caratteristiche del Teatro del Giglio, dal boccascena piuttosto stretto per un teatro d'opera. Più monumentale che spettacolare, insomma - anche nel suo proporre un “Te Deum” con tutti i prelati singolarmente vestiti dello stesso colore marrone (costumi di Rosanna Monti) - illuminata con cura da Tiziano Panichelli.
Bel successo della serata, con molti consensi tributati soprattutto a Massimo Cavalletti.
La recensione si riferisce alla prima del 29 novembre 2024.
Fabrizio Moschini