Don Ramiro | Pavel Kolgatin |
Dandini | Christian Senn |
Don Magnifico | Pablo Ruiz |
Clorinda | Michela Guarrera |
Tisbe | Antonella Colaianni |
Angelina | Chiara Amarù |
Alidoro | Mirco Palazzi |
Direttore | Francesco Quattrocchi |
Regia | Emma Dante |
ripresa da | Federico Gagliardi |
Scene | Carmine Maringola |
Costumi | Vanessa Sannino |
ripresi da | Concetta Nappi |
Luci | Cristian Zucaro |
Movimenti coreografici | Manuela Lo Sicco |
Maestro del Coro | Fabrizio Cassi |
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli | |
Produzione del Teatro dell'Opera di Roma |
Come è stato autorevolmente sottolineato, Il barbiere di Siviglia è forse l’opera buffa di Rossini che possiede maggiore teatralità, L’Italiana in Algeri quella che contiene più vis comica, ma La Cenerentola, che pure rappresenta il congedo del genio di Pesaro dalla grande stagione buffa che gli avrebbe assicurato per sempre l’immortalità, possiede dei momenti di pura bellezza musicale impareggiabili. Se nell’Ottocento contese al Barbiere di Siviglia il primato della popolarità, nella prima metà del Novecento le sue rappresentazioni iniziarono a diradarsi prima di riprendere nuovamente il volo grazie all’edizione critica di Alberto Zedda. Anche al Petruzzelli le messinscene erano state finora in tutto solo tre, a partire da quella storica del 1974 che vide sul podio proprio Zedda guidare un cast stellare: Lucia Valentini Terrani nel ruolo di Angelina, Sesto Bruscantini in quello di Dandini, Ugo Benelli in quello di Ramiro e Paolo Montarsolo nelle vesti di Don Magnifico.
L’opera è poi ritornata nel 1989 con la regia di Klaus Michael Grüber e con il tenore Rockwell Blake fra i protagonisti, e nel 2010 con la direzione di Evelino Pidò e la regia di Daniele Abbado. Decisamente apprezzabile la scelta del sovrintendente Massimo Biscardi (appena nominato Accademico di Santa Cecilia) di inserire questo titolo nella Stagione 2022 con il suggestivo allestimento scenico del Teatro dell’Opera di Roma firmato nel 2016 da Emma Dante (qui la recensione di Michelangelo Pecoraro) e ripreso da Federico Gagliardi con le scene di Carmine Maringola, i costumi di Vanessa Sannino (ripresi da Concetta Nappi), il disegno luci di Cristian Zucaro e i movimenti coreografici di Manuela Lo Sicco.
Non sempre le edizioni proposte mettono adeguatamente in risalto l’arguzia, la leggerezza ma anche la malinconia amara di questo sublime capolavoro. Caratteristiche che la regia come sempre intensa e anticonvenzionale della Dante riesce invece a cogliere perfettamente, grazie anche a uno scenario fumettistico dark esplicitamente ispirato al movimento pop surrealista americano, in particolare alle opere di Ray Cesar ai cui quadri digitali si richiamano pure i costumi dei protagonisti, peraltro tutti autori di una prova maiuscola sul piano della recitazione.
Il racconto di Emma Dante presenta una donna vittima di violenze domestiche, fragile e che non riesce a integrarsi proprio a causa della sua bontà. E che viene anche seguita da bambole meccaniche, legata ad una catena e minacciata di morte con delle armi da fuoco.
Non mancano, peraltro, i momenti di pura poesia, e una menzione speciale va ai mimi e ai ballerini che occupano (a volte troppo) la scena per tutta la durata dello spettacolo.
Sul podio della più che affidabile e duttile Orchestra del Teatro, Francesco Quattrocchi si è ben disimpegnato soprattutto nei momenti più ricchi di pathos, mantenendo anche un buon equilibrio fra buca e palcoscenico. In alcuni momenti, però, i tempi più dilatati non hanno fatto emergere adeguatamente le parti di più spiccata vivacità.
La grande tecnica, l’ottimo legato, il perfetto stile rossiniano ed una interpretazione di grande intensità hanno permesso al mezzosoprano Chiara Amarù di delineare un’eccellente Angelina, bravissima anche nel celebre rondò finale nato inizialmente per Il barbiere di Siviglia (l’aria del Conte di Almaviva “Cessa di più resistere”), passato due mesi dopo, il 24 aprile 1816, alla cantata Le nozze di Teti, e di Peleo con l’aria di Cerere “Ah non potrian resistere”, prima di stabilirsi definitivamente sulle labbra di Cenerentola. Nel ruolo di Don Ramiro brillante la prova di Pavel Kolgatin, tenore leggero dalla dizione perfetta e dalla linea di canto pulita e accurata anche nel solido registro acuto. Molto bravo pure il baritono Christian Senn, a suo agio sia nei recitativi che nei difficili vocalizzi richiesti dalla parte di Dandini.
Con meno “autorevolezza” di quanto il ruolo richiede, Pablo Ruiz si è comunque calato perfettamente nella parte di Don Magnifico, a cui ha donato la sua bella voce baritonale e una verve scenica mai sopra le righe. Molto buona la prova del basso Davide Giangregorio, Alidoro dal timbro morbido e di bel colore emerso in particolare nella difficile aria “Là del ciel nell’arcano profondo”.
Funzionali alla scelta registica e ben caratterizzate nei loro “eccessi” le due sorellastre, ottimamente interpretate dal soprano Michela Guarrera, Clorinda dalla voce levigata, e dal mezzosoprano Antonella Colaianni, Tisbe dal variegato fraseggio. Come sempre di alto livello la prestazione del Coro del Teatro ben diretto da Fabrizio Cassi.
Grandissimi e meritati applausi alla fine per tutti i protagonisti.
La recensione si riferisce alla serata del 24 giugno 2022.
Eraldo Martucci