Autore | Alberto Mattioli |
Editore | Garzanti |
Prima edizione | Maggio 2023 |
Pagine | 192 |
Prezzo di copertina | € 16 |
EAN | 9788811008798 |
Anche noi ci siamo dedicati alla lettura di questo sesto “librino”, come lo stesso autore lo definisce.
L’autore in questione è Alberto Mattioli, modenese di nascita ma milanese di adozione.
Il giornalista e critico musicale, da qualche anno piuttosto attivo sui social, autore di libretti d’opera, dramaturg e frequentatore assiduo di molti teatri italiani e non, in questi ultimi anni si è affacciato nelle librerie con diversi titoli dal sapore ironico ma che celano contenuti seri raccontati con leggerezza.
Gran Teatro Italia, così è intitolata l’ultima sua pubblicazione (edita da Garzanti). Già dal titolo si evince l’argomento e sin dalle prime battute del libro risulta chiaro il concetto che Mattioli vuole esprimere: i Teatri in Italia “sono il fulcro della vita non soltanto musicale, ma anche mondana, sociale, civile: il centro del centro cittadino. Come la piazza o la Cattedrale. Fra la città e il suo teatro d’opera c’è una simbiosi, un’attrazione, una corrispondenza d’amorosi sensi che hanno forgiato l’identità di entrambi”.
In un Paese che rimane sempre frammentato nella sua unità, significa che, al contrario di ciò che avviene nei Teatri esteri, mere “scatole sonore”, in Italia il Teatro è il centro palpitante della vita dove si fa anche la storia e spesso è il simbolo dell’identità della città (o regione) dove sorgono e ne riflettono vizi e virtù.
La musica storicamente nei nostri teatri ha sempre fatto da contorno a ciò che succedeva nei palchi (perché platea e gallerie erano riservate ai meno abbienti) che diventavano una appendice delle magioni della nobiltà. Nei palchi si giocava a carte, si discuteva di politica e si spettegolava, si mangiava (nel retropalco c’erano spazi adibiti a vere e proprie cucine), si dormiva con tutti gli annessi e connessi. Il palco era proprietà dell’occupante ed era il segno distintivo dello stesso. L’aristocraticità si misurava dalla grandezza e dalla posizione del palco.
Alberto Mattioli ci ricorda la data ufficiale dell’opera in musica, per convenzione è fissata il 6 ottobre 1600 con l’Euridice di Peri seguito dalla rappresentazione dell’Orfeo monteverdiamo al ducale di Mantova ma la svolta decisiva avviene a Venezia, circa trent’anni dopo, con l’apertura del Teatro di San Cassiano. Ed è a questo punto che nasce il teatro d’opera per come lo concepiamo ai nostri giorni.
Da qui parte un excursus, su gran parte dei teatri abitualmente frequentati dal giornalista modenese: partendo dal Teatro alla Scala di Milano (da lui più conosciuto) e toccando il Regio di Torino, le innumerevoli e ottime realtà dell’Emilia-Romagna con alcune eccellenze come il Teatro Municipale di Piacenza, Venezia, Verona, Firenze, con i suoi Teatri e i suoi conosciutissimi Festival estivi, Roma, Napoli, Palermo, Siracusa, ma non con l’opera ma con il teatro greco. Ogni realtà viene analizzata in tutte le sue caratteristiche identitarie con un linguaggio colorito sempre un po’ scanzonato e ironico tipico dell’autore che descrive con arguzia tutto il folclore, che caratterizza e circonda questo e quel teatro, attraverso la sua esperienza personale di frequentatore e di grande osservatore delle umane vicende che vi ruotano attorno. Una lettura scorrevole e leggera assai piacevole e per chi frequenta gli stessi teatri concettualmente totalmente condivisibile. Ognuno si può ritrovare nelle sensazioni e nelle esperienze da lui descritte.
Quindi, tirando le somme, lettura caldamente consigliata sia agli habitués dei teatri che si ritroveranno sicuramente nelle esperienze condivise dall’autore, sia dai neofiti, che intuiranno il mood che sperimentiamo noi “malati” assidui frequentatori dell’opera.
Susanna Toffaloni