Ernani | Francesco Meli |
Don Carlo | Roberto Frontali |
Don Ruy Gomez de Silva | Vitalij Kowaljov |
Elvira | Maria José Siri |
Giovanna | Xenia Tziouvaris |
Don Riccardo | Joseph Dahdah |
Don Jago | Daniele Piva |
Direttore | James Conlon |
Regia | Leo Muscato |
Maestro del Coro | Lorenzo Fratini |
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino |
Una delle più belle pagine prodotte da Verdi nei suoi “anni di galera”; un quartetto di cantanti celebri e celebrati; sul podio, un direttore come James Conlon; un regista del livello di Leo Muscato: sulla carta,sarebbero tanti gli spunti di interesse offerti da questa esecuzione di Ernani, andata in scena a Firenze nel novembre dello scorso anno, e riproposta dalla casa discografica Dynamic nel duplice formato del DVD e del Blu-Ray disc (domanda: perché non mettere sul mercato anche la registrazione in versione solo audio, quantomeno nella veste dell’album digitale?).
Eppure, la visione/ascolto del DVD conferma in larga misura i rilievi critici riscontrabili nella recensione dello spettacolo a cura di Fabrizio Moschini: rilievi che investono sia l’allestimento che la prova dei solisti. Muscato sceglie infatti di imperniare l’intera rappresentazione su un sistema di pannelli mobili che dovrebbero, nelle loro varie composizioni, ricreare gli ambienti nei quali la vicenda si dipana: pannelli su cui un costante gioco di luci proietta ora le ombre lunghe dei protagonisti, ora le lapidi dell’avello di Carlo Magno. Il risultato è uno spettacolo statico, claustrofobico, cupo: nel complesso, non particolarmente accattivante. Di un certo interesse si rivela la scelta di utilizzare costumi di foggia marcatamente risorgimentale (stiamo parlando di un’opera densa di afflati patriottici e di slanci barricadieri): scelta che perde parte del suo effetto a causa degli sconfortanti baffoni “alla Cecco Peppe” imposti al personaggio di Carlo V.
Non poche perplessità, si diceva, insistono peraltro sulla resa dei protagonisti: calandosi con disinvoltura in uno dei ruoli maggiormente frequentati in carriera, Francesco Meli mette in mostra uno strumento ben timbrato e molto sonoro, fraseggio intelligente, grandissima attenzione alla parola scenica (la frase: “millle guerrier m’inseguono/siccome belva i cani” è una splendida manifestazione di enfasi ed accenti verdiani). Qualità indiscutibili, offuscate solo parzialmente da una certa mancanza di squillo in acuto e dalla tendenza (percepibile tanto nella sortita, quanto nel finale: vedi il passaggio: “ora che al fine arridere/mi veggo il ciel sereno”) ad abusare di mezze voci falsettanti. In definitiva, quello tratteggiato dal tenore genovese si rivela un Ernani molto soave e sognante, di ispirazione quasi belcantista, e tuttavia privo degli slanci eroici che sarebbe lecito attendere dal bandito in guerra contro la corona.
Nel complesso al di sotto della sufficienza si rivela la restante componente maschile del cast: vocione tonitruante e dizione imperfetta, Vitalj Kowaliow incarna un Silva truce, cavernoso, aggressivo, nel quale la sete di sangue oblitera la dignità ferita e l’alto senso dell’onore che contraddistinguono la figura del Grande di Spagna. Non del tutto a fuoco si rivela anche il Don Carlo di Roberto Frontali, apparso in difficoltà soprattutto nelle frasi lunghe della grande aria del terzo atto, affrontata con voce non fermissima e senza proiezioni in acuto, nel quadro peraltro di una lettura complessiva poco convincente del personaggio: la nobiltà di accenti, l’ambizione illuminata, la grandiosità prorompente del sovrano prossimo a farsi imperatore rimangono una pura chimera.
Assai più convincente si rivela la prova del soprano Maria José Siri, capace di dare vita ad una Elvira dai tratti marcatamente eroici, grazie a un timbro cremoso, ai centri ricchi di armonici e ad acuti solidi e svettanti, sfoderati con sicurezza tanto nel terzetto del primo atto quanto nei concertati.
Al netto dei comprimari Xenia Tziouvaris (Giovanna), Joseph Dahdah (Don Riccardo) e Daniele Piva (Jago), l’elemento di maggiore interesse di questa esecuzione si rivela, alla fine dei conti, proprio la concertazione di Conlon, ben supportata dal coro guidato da Lorenzo Fratini: il direttore statunitense propone infatti una lettura incalzante, energica, basata su ritmi serrati (si pensi alla cabaletta di Silva nel primo atto) e momenti di grandiosità (come le esplosioni che accompagnano la conclusione del terzo atto) degni di un autentico poema in musica, debitamente ammantato dal fuoco che il primo Verdi richiede.
Comunque troppo poco, per consigliare l’acquisto del disco.
Carlo Dore jr.