Ercole | Nahuel di Pierro |
Giunone | Anna Bonitatibus |
Deianira | Giuseppina Bridelli |
Hyllo | Krystian Adam |
Pasithea-Clerica-Terza Grazia-Secondo Pianeta | Eugénie Lefebvre |
Venere-Bellezza-Cinzia | Giulia Semenzato |
Nettuno-Eutyro | Luca Tittoto |
Il Paggio | Ray Chenez |
Licco | Dominique Visse |
Prima Grazia | Marie Planinsek |
Seconda Grazia-Primo Pianeta | Perrine Devillers |
Terzo Pianeta | Corinne Bahuaud |
Prima Aura | Olivier Coiffet |
Seconda Aura-Un Sacrificatore | Reanaud Brès |
Ruscello-Bussiride-Un Sacrificatore | Nicolas Brooymans |
Un Sacrificatore | Constantin Goubet |
Coro e orchestra Pygmalyon | |
Direttore Raphaël Pychon | |
Regia teatrale | Valérie Lesort |
Costumi | Vanessa Sannino |
Regia video | Francois Roussillon |
2 DVD NAXOS 2.110679-80 | |
Distribuzione Ducale |
È difficile comprimere nello spazio limitato di una recensione la quantità di suggestioni contenuta in un’opera come Ercole Amante di Francesco Cavalli.
Rappresentata per la prima volta al palazzo delle Tuileries a Parigi nel 1662, nasce come dono del cardinale Mazzarino al re Luigi XIV in occasione delle sue nozze con l’infanta di Spagna, a suggellare la recente pace tra le due monarchie dopo una guerra durata venticinque anni. Nato e cresciuto in Italia, il cardinale scelse per l’occasione quanto di meglio il suo paese poteva offrire: Francesco Cavalli come compositore, oltre a cantanti e maestranze italiane. Jean-Baptiste Lully, già musicista di corte, pensò di adattare l’opera ai gusti del re aggiungendo diciotto scene di ballo, che portarono a sei ore la durata dello spettacolo. Giudicato troppo lungo, venne ridotto a cinque ore tagliando un’ora dall’opera di Cavalli, non certo dai balli di Lully. La morte di Mazzarino, avvenuta prima della rappresentazione, non fermò il dono sontuoso ma portò alla disgrazia di Cavalli che riparerà velocemente a Venezia.
Il lavoro sarà replicato per sedici volte, per poi essere abbandonato. Tornerà sulle scene, senza i balli, nel 1981 al teatro Châtelet di Parigi, per la direzione di Michel Corboz e la regia di Jean-Louis Martinoty.
Se si dà una scorsa alla locandina ci si rende conto facilmente del perché questo capolavoro assoluto è di rara rappresentazione: prevede ventisette personaggi, oltre a danzatori e coristi. L’edizione presentata nel DVD Naxos è molto recente, siamo all’Opéra Comique nel novembre del 2019. Pur comprimendo il cast al minimo, i ventisette personaggi sono distribuiti tra diciassette interpreti, tutti impegnati in una o più arie, scene, duetti e terzetti per una durata di poco più di tre ore, densissime di musica di qualità eccelsa.
Il giovane direttore Raphaël Pichon, è chiamato a governare questo regno in cui arie di rara magnificenza si alternano a magistrali esempi di recitar cantando, con cori ammirevoli per qualità della composizione a chiusura di scene e atti, capaci ogni volta di destare stupore e sorpresa. Pichon ha un innato senso del teatro, capace di tenere sempre alta la tensione anche nei momenti di dolcezza e abbandono. Non c’è un momento di stanchezza nella sua direzione, attenta sì ai particolari ma mai ossessiva, capace soprattutto di evocare le intime forze drammatiche dei suoi interpreti che non si limitano a cantare bene, ma emanano una forte empatia sia con i personaggi che con chi li ascolta. Il coro e l’orchestra Pygmalion confermano ancora una volta la loro caratteristica di agire non solo come accompagnatori, ma come veri e propri attori aggiunti, anticipando e sottolineando gli affetti.
Dopo un prologo celebrativo delle nozze tra il re e l’infanta di Spagna, si sviluppa una vicenda tortuosa in cui Ercole vorrebbe amare Iole che però ama Hyllo, mentre Dejanira si dispera perché sta per essere tradita. Intervengono gli dei: Venere, Giunone, Mercurio e anche Nettuno. Ercole è amante per poco o per niente, e finisce, come da contratto, nella camicia di Nesso proprio mentre si apprestava a sposare Iole. Deianira piange ma ormai è fatta. Giunone organizza nell’ultimo atto un’apoteosi di Ercole unito alla Bellezza, anche per non deprimere gli sposi meritevoli di un lieto fine.
La regia di Valérie Lesorte, eccentrica ma poco divertente, riporta tutto ad un mondo più infantile che fiabesco. I costumi di Vanessa Sannino possono essere indifferentemente orrendi o sublimi. Ad esempio Giuseppina Bridelli, Deianira in total silver, ha il volto coperto da fiumi di lacrime che scendono a pennellate fino alle spalle e al petto, mentre Ercole ha la stessa clava di legno del fante di bastoni. Iole e Hyllo sono vestiti come giocattoli di Norimberga, cioè male, così come il Paggio e il servo Licco. C’è anche il Sonno che allude all’omino Michelin, Nettuno in alghe verdi e un sepolcro vivente e semovente che si rivela essere Eutyro. Molti volano sui cavi ma, alla fine, il colpo di scena più bello è proprio all’inizio, quando il coro esce con i volti racchiusi in tante nicchie a forma di sole fiammeggiante, in omaggio al re.
Anna Bonitatibus è Giunone, la dea che regge il filo di tutta la vicenda. Ne ha l’autorità vocale e interpretativa, anche se non sempre riesce a smussare qualche asprezza nelle zone acute. Suo è il primo finale di atto, una breve aria su un tempo di ciaccona (Ma in amor ciò ch’altri fura), una melodia delicata ma persistente, di quelle che si ascoltano una volta e non si dimenticano più. La sua Giunone è sì invadente ma mutevole e dinamica, non la solita bisbetica massiccia, per una felice intuizione del compositore e per la grazia con cui Pychon la sostiene. La coppia di giovani amanti composta da Iole e Hyllo è perfetta ed esordisce con un duetto etereo, Amor ardor più rari. Francesca Aspromonte, Iole, si conferma interprete sensibile, vocalmente inattaccabile, perfettamente in stile e soprattutto capace di dar vita ad un personaggio allo stesso tempo straniato, l’amore in quest’opera fa male fino a un certo punto, eppure credibile per la dolcezza della sua linea vocale e la convinzione con cui partecipa ai duetti. Il suo vero amore, il tenore Krystian Adam, è come sempre eccellente. Il timbro limpido e luminoso, la pronuncia e la dizione sono perfette, la linea vocale sempre elegante ed esatta e la capacità di comunicare passioni e sentimenti con naturalezza lo rendono interprete ideale di una parte per altro ricca di arie e duetti sublimi. Giuseppina Bridelli, sciagurata Deianira, si conferma maestra assoluta di recitativi e recitar cantando. Scolpisce le parole con chiarezza da attrice, e intona arie impervie con ammirevole sicurezza vocale. Inoltre ha una presenza importante, riempie la scena con naturale autorità e profonda sensibilità, capace di essere credibile anche quando intona il suo lamento mentre tenta di forzare una tomba con un piede di porco. In duetto con Krystian Adam ha in dote lo struggente sottofinale del terzo atto Figlio, tu prigioniero?, indimenticabile.
L’Ercole del basso argentino Nahuel di Pierro è possente ed eroico, come da contratto. Ha belle note gravi, molto sollecitate dalla parte, e nel complesso è convincente sia dal punto di vista vocale che scenico mostrando sempre maggiore sicurezza con il procedere della rappresentazione. Anche Giulia Semenzato, titolare di tre personaggi, Cinzia, protagonista del prologo, poi Venere e Bellezza è tanto brava quanto bella. Il Paggio e il servo Licco sono entrambi controtenori. Ray Chenez è un giovane sopranista americano non sempre convincente. Efficace nella sua aria di esordio (E che cos’è quest’amore?), cede alla distanza soprattutto per una sua pronuncia fantasiosa che si nota soprattutto nei recitativi. Licco è Dominique Visse, veterano tra i controtenori in attività. Lo ricordiamo con piacere nei suoi primi vent’anni di carriera per la dolcezza e la delicatezza di una voce che ora suona chioccia e stridente, eccessiva anche per il ruolo di servo intrigante. Inoltre decenni di frequentazione del repertorio italiano non sono riusciti a migliorarne la pronuncia, terribile. Nettuno è impersonato dal giovane basso Luca Tittoto, vocalmente ineccepibile e personaggio sorprendente, unisce assieme la forza del dio alla leggerezza del mito visto in chiave “decorativa”, come quando esce disinvolto da un sommergibile senz’altro disegnato da un bambino. Gli tocca anche il personaggio di Eutyro che sbuca da un sepolcro: cupo, poco glamour ma sempre convincente.
Francesco Cavalli distribuisce le sue perle anche ai comprimari. Così una delle pagine più belle dell’opera, il terzetto Dormi o sonno, finale del secondo atto, è affidata alle voci maschili del tenore Olivier Coiffet, del baritono Renaud Brès e del basso Nicolas Brooymans che assieme compongono un incanto che si vorrebbe non finisse mai.
Anche il coro ha numerosi momenti indimenticabili, segnaliamo tra tutti Pronuba e casta dea, quinto atto, a cappella e poi ripreso con un sommesso accompagnamento orchestrale. Di forte impatto drammatico, introduce la scena della camicia di Nesso, un passaggio da paradiso a inferno che prelude alla morte di Ercole.
La registrazione è molto buona e anche la regia video. I sottotitoli non servirebbero, quasi tutti gli interpreti sono perfettamente comprensibili, ma sono presenti in varie lingue. Le note di copertina sono ridotte ma funzionali e nel complesso esaurienti.
Daniela Goldoni