Son passati ormai sette anni da quando nel 2014 incontrammo per la prima volta Vincenzo Costanzo, all’epoca appena ventiduenne e già in procinto di cantare il ruolo di Pinkerton nella Madama Butterfly rappresentata al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Per altro l’anno precedente aveva già debuttato nel ruolo di Rodolfo nella Luisa Miller dei giovani, andata in scena a Piacenza e a Ravenna con la regia di Leo Nucci e la direzione di Donato Renzetti.
Buongiorno Vincenzo, sette anni dopo, ci ritroviamo a Torre del Lago in pieno Festival Puccini dove ieri sera hai cantato la seconda recita di Tosca, raccogliendo un grande successo di pubblico in un ruolo, quello di Mario Cavaradossi, che ha portato grandi soddisfazioni ai più grandi tenori della storia.
Cosa hai provato nell’accostarti ad un ruolo con una storia ed una popolarità che hanno pochi confronti nel panorama delle opere del grande repertorio?
Chiaramente è stata una grande emozione, ma io l’ho vissuta come una sfida. Noi cantanti lirici siamo come degli atleti che si preparano per un’Olimpiade ed il ruolo di Mario Cavaradossi è come un grande salto ad ostacoli. Pertanto mi sono preparato con tanto studio e dedizione, sia per la parte musicale che tecnica.
Cantarlo a pochi metri dalla casa di Puccini ti ha fatto provare sensazioni particolari?
Chiaramente cantando a Torre del Lago si respira l’energia del grande Maestro Puccini e del suo genio. Mi sono sentito maggiormente ispirato nell’interpretazione del ruolo.
Interpretarlo in un grande spazio aperto ti ha limitato in qualche modo?
Assolutamente no. Mi ha messo alla prova dal punto di vista tecnico, aiutandomi ad avere maggiore consapevolezza del giusto uso vocale. Cantare all’aperto non è un limite, ma un perfezionare la tecnica.
Ed ora hai il desiderio di ricantarlo in un teatro chiuso?
Sì. Perché in un teatro chiuso potrò concentrarmi su tutte le sfumature e le dinamiche che talvolta all’aperto si perdono.
È un ruolo che ti piacerebbe mantenere in repertorio a lungo?
Mario Cavaradossi è uno dei ruoli per eccellenza nella carriera di un tenore e mi auguro che mi accompagnerà per tutta la vita.
Fra i grandi tenori del passato quali sono i tuoi Cavaradossi di riferimento?
Potrebbe sembrare una banalità siccome in questo periodo si celebra il centenario della sua morte, ma Enrico Caruso è stato un punto di riferimento fondamentale nello studio del ruolo. In generale, Caruso è sempre un artista di riferimento.
Ma facciamo un passo indietro: hai iniziato a cantare nei grandi teatri quand’eri ancora giovanissimo. Ora, col senno di poi, ripercorreresti le stesse tappe oppure cambieresti qualcosa?
Noi siamo il risultato di ciò che abbiamo fatto nel passato. E se oggi il risultato è così positivo, ripercorrerei ogni tappa nello stesso medesimo modo in cui l’ho fatto.
Ti sei ritrovato a cantare Pinkerton, quasi freneticamente, un po’ ovunque, dall’Italia all’estero, compreso gli Stati Uniti, affiancandogli La traviata, La bohème, Un ballo in maschera ed altri titoli. Poi, se non vado errato nel 2019 un po’ prima dell’inizio della pandemia, sei improvvisamente sparito dai radar degli appassionati d’opera. Contemporaneamente ti sei eliminato anche dai social e questo ha dato il via alla consueta carrellata di voci, totalmente campate in aria, firmate dalle solite malelingue: squallidi personaggi che, per ragioni incomprensibili a tutte le persone normali, vivono sperando nelle sventure altrui; nel caso degli artisti lirici, magari solo per poter dire: ecco, io l’avevo detto che non sarebbe durato. Cosa ne pensi se mettessimo a tacere questi avvoltoi, svelando le ragioni che ti hanno portato ad isolarti per un certo periodo di tempo?
Me l’aspettavo una domanda del genere! Le chiacchiere ed i gossip nel nostro ambiente e nel mondo dello spettacolo fanno parte del gioco. Quando mi hanno diagnosticato, alla fine del 2017, questo serio problema alla bocca dello stomaco io ho continuato a cantare finchè il fisico me lo ha permesso. Ricordo una Traviata al San Carlo di Napoli nel 2018, durante la quale stavo veramente male a causa del trattamento farmacologico concluso solo 4 giorni prima; ma ho preferito onorare i mei impegni anche perché, in un duello con la vita, non potevo sapere chi avrebbe vinto. Poco dopo, sotto consiglio dei miei medici, ho dovuto interrompere ogni attività per concentrarmi solamente sulla mia guarigione. È stata una mia scelta chiudere i social ed allontanarmi da tutto il mondo dell’Opera. Non volevo dire a nessuno di questo mio problema siccome il mio ruolo è quello di donare emozioni e spensieratezza, cose che in quel periodo non potevo dare, anzi. Ad oggi posso dire di aver vinto io e, dopo 4 anni, mi sento rinato. La pandemia, sembrerà una bestemmia dirlo, mi ha dato maggior tempo per una ripresa lenta e graduale.
Cosa ti ha insegnato questa difficile esperienza?
Mi ha insegnato che dobbiamo godere di ogni singolo istante della vita. Dato che ogni momento può essere l’ultimo, da questa esperienza ho capito che voglio impegnarmi ancora di più non solo nel campo lavorativo ma anche in quello umano; perché bisogna sempre lasciare un bel ricordo di sé.
Sappiamo che durante la pausa forzata dettata dalla pandemia a tutto il mondo teatrale, ne hai approfittato anche per studiare con il tuo insegnante. Su cosa hai lavorato?
Dal 2018 ho lavorato costantemente con il mio maestro Piero Giuliacci per omogeneizzare tutta la gamma vocale in modo che la mia voce possa avere sempre la rotondità nel centro e lo squillo massimo negli acuti.
Dalle prime esperienze sino ad oggi in cosa è cambiato l’artista e in cosa è cambiato l’uomo Vincenzo Costanzo?
Premetto che non c’è differenza tra l’artista e l’uomo siccome l’obiettivo è la musica ed onorare ciò che hanno scritto gli autori. All’inizio ho affrontato tutto con l’esuberanza adolescenziale, oggi ho una maggiore consapevolezza della responsabilità a cui sono chiamato nei confronti di me stesso e nei confronti del pubblico.
A questo punto della tua crescita professionale in quali ruoli ti sentiresti pronto a debuttare?
Sto studiando The Rake’s Progress di Stravinskij in cui devo debuttare nel luglio del 2022. Mi piacerebbe anche ampliare il mio repertorio verso altri ruoli, come l’Idomeneo di Mozart che amo.
Invece quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare fra quelli non adatti alla tua vocalità?
Filippo II nel Don Carlo... scherzi a parte, mi sarebbe piaciuto interpretare Nadir ne I Pescatori di Perle, lo trovo sublime.
Come vedi la ripartenza ed il futuro dei teatri dopo questa pandemia?
Mi aspetto una ripartenza piena di voglia di fare perché quando ti viene a mancare un bisogno primario per l’anima, che è la musica, senti la necessità di dare ancora più valore alla sensibilità e di dare luce all’animo umano.
Cosa ti auspicheresti per il tuo futuro artistico?
Devo dire che sono molto felice adesso perché ho raggiunto grandi traguardi che non avrei potuto immaginare fino a poco tempo fa. Mi auguro di continuare a fare musica come sto facendo, di potermi nutrire del palcoscenico e continuare a realizzare il sogno della mia vita: VIVERE PER LA MUSICA.
Quali sono i tuoi desideri per il futuro della tua vita personale?
Voglio continuare a coltivare la serenità interiore che ho in questo momento, perché mi sento appagato dall’affetto delle persone che mi circondano e dalla musica che sto realizzando.
Grazie per la bella chiacchierata e in bocca al lupo per tutto
Grazie a te per avermi dato l’opportunità di raccontarmi. Saluto con affetto tutte le persone che ci stanno leggendo.
Danilo Boaretto