Ora che Sorella Morte l’ha accolta fra le sue braccia sento Ghena più vicina e Le chiedo da lassù di suggerirmi, almeno in parte, le poche parole che desidero (desideriamo tutti) dedicarLe. I ricordi si susseguono come piccoli lampi, si accavallano confusi: suoni, parole, note taglienti e vittoriose, gli eventi che hanno scandito tante serate un po’ ovunque, contribuendo a creare quel mito della Voce con la V maiuscola, forse l’Eldorado vocale che ognuno persegue, sia come studente sia come ascoltatore. Ghena Dimitrova la Voce? No, non solo.
Nella bellissima dimora di Sofia posta sulle pendici del Vitosha, il vulcano che domina la città, Ghena Dimitrova fa ascoltare arie cantate in pianissimo: l’Ave Maria dell’Otello, per esempio, tutto a mezzavoce, o i soavissimi accenti di Odabella nell’ O del fuggente nuvolo, ben più difficile dell’entrata sparata o di altre vorticose cabalette, che pur l’hanno resa celebre.
Ricordo perfettamente l’emozione dell’artista e di chi ascoltava nel verificare che la Voce poteva piegarsi, con infinita dolcezza e inusitata duttilità, alle mezzevoci più impalpabili, intonatissime, così “piene di suono” perché, appunto, mezzevoci di una grande Voce.
Ghena non amava essere ricordata come catapulta di suoni possenti, né come Regina del Do di petto. Eppure, sono proprio quei suoni di puro e lucentissimo metallo che le garantirono scritture e successi in tutto il mondo, in un repertorio che poche osano affrontare con spavalderia: Nabucco, Turandot, Macbeth, Aida (nel doppio ruolo di Aida e Amneris), Norma, Gioconda, Tosca, Attila, Forza del destino, Andrea Chénier, Fanciulla del West, Don Carlos, senza tralasciare i Lombardi, la Loreley di Catalani , tanto per citare solo alcuni titoli eseguiti en passant, i primi che mi vengono in mente.
Non è adesso alla Voce, però, che va il mio pensiero, sbandando come smarrito e spaventato di fronte alla crudeltà del distacco: mi viene in mente una lunga passeggiata a Sofia, in cima al vulcano che domina i Balcani e guarda la distesa della capitale e tanti, tanti paesini circostanti, uno dei quali diede i natali a Ghena.
“Vedi? Lì abita Nicolaj Ghiuselev”, mi diceva e indicava una casa più in basso, verso il centro della città e aggiungeva : “Brutto carattere, ma che artista! Un guaio per i registi: in Gioconda, durante un concertato, lo volevano sbattere in fondo, lontano dagli altri solisti: immagina! Si piazzò al centro del palcoscenico, come un palo e disse ‘Ghiuselev canta qui!’ .”
Già, capricci di Divi, si dirà….cose di altri tempi. Eppure piacerebbe a tutti, ogni tanto, applaudire un Divo di Altri Tempi.
Ghena, dopo le lezioni (che la stancavano come e più di un’Opera), amava fare quella passeggiata.
Nei libroni astrologici che aveva sempre a portata di mano aveva letto che alla sua salute giovava vivere alle pendici di un vulcano spento. Era appassionatissima e molto esperta in campo astrologico, voleva sapere di ognuno sia il segno che l’ascendente :”Sei Toro, come me?”, mi disse “ Attento alla gola, è il tuo punto debole. Comunque noi tori siamo fregati dai noi stessi: ci dicono pigri e poi lavoriamo sempre il doppio degli altri, ci dicono egoisti e poi, guarda… io mi trovo a mantenere parenti, una nipote che ho fatto studiare nelle scuole migliori e che se la chiamo a telefono… nemmeno mi risponde!”. Questa nipote l’ha fatta soffrire molto, era un suo cruccio costante, soprattutto dopo il recente ritiro dalle scene.
Lei che veniva dai campi e che con un lavoro davvero incessante e meticoloso aveva costruito tutta la sua fortuna, non poteva capacitarsi di avere una nipote che potesse sfruttarla così, senza ritegno alcuno. Sappiamo bene che la riconoscenza è una virtù rivolta verso il futuro e non verso il passato, ma Ghena non lo ammetteva: “Io alla sua età non facevo altro che studiare! Chi ha visto mai una discoteca? Un locale notturno? Facevo chilometri e chilometri a piedi, senza un soldo…”.
Bulgara fino al midollo delle ossa, nel bene e nel male. Gran lavoratrice, forte, sistematica, contadina nella pura accezione del termine, temeraria. Tentarono di scipparla a Sofia…lei non solo trattenne la borsa e malmenò lo scippatore, ma lo terrorizzò con uno dei suoi formidabili Do, gridando come un’ossessa!
L’educazione ricevuta e il regime dal quale proveniva le conferirono un carattere apparentemente duro e inflessibile, ma non era che una scorza superficiale, un’apparenza, sicuramente una forma di autodifesa. Il suo stesso aspetto fisico, la voce parlata così virile, dai toni gravi accentuati falsavano non poco la sua immagine autentica. Ghena Dimitrova era infatti di una bontà e di una generosità senza pari, soprattutto una donna dolce e molto sensibile; da giovane, quand’era più magra, era davvero molto bella, uno sguardo magnetico su una figura statuaria, una bellissima bocca a cuore.
Suo marito, purtroppo, scomparve prematuramente in un incidente aereo una quindicina di anni fa: fu un dolore indicibile, erano legatissimi. Le recite di Forza del destino al San Carlo, con Giacomini e Cappuccilli, che seguirono questa tragedia furono uno strazio per lei: non faceva altro che correre in camerino a piangere, tra un’aria e l’altra, eppure… chi ha assistito a questa produzione può garantire l’assoluta eccellenza, la resa impeccabile, una Vergine degli angeli che pareva cesellata in pura filigrana….
“Lì, invece, c’è la casa di Ghiaurov”, mi dice dall’osservatorio rupestre , “Ma non veniva mai…ormai viveva a Modena stabilmente. Mi diceva sempre ‘Ghena, il mio sogno è passeggiare a piedi scalzi sul mio prato, a Sofia… non ne ho mai l’occasione…’…” .
C’è un velo di malinconia nella voce di Ghena , nel ricordare il collega lontano dalla sua patria. Lei è rimasta, invece. Nonostante la residenza a Montecarlo, nonostante avesse potuto vivere come una sultana ovunque, lei è legata al suo vulcano dove ha fatto costruire una super-villa che domina la piana di Sofia. Per farlo ha pagato tutto il doppio: in Bulgaria non esistono gli infissi e le finestre che hanno altri paesi europei, più ricchi. Così ha fatto arrivare tutto dalla Germania, alla fine la casa le è costata come un castello in Scozia! Un altro appartamento lo ha voluto proprio davanti alle cupole dorate della Cattedrale Alexander Nevskij. E’ lì che dava lezioni di Canto, dopo essersi ritirata tre anni fa.
Seguire una sua masterclass e provare il suo metodo di canto, come ho avuto il privilegio di fare (lo scorso mese di novembre), è un’esperienza pari a quella di ubriacarsi !
A lato del pianoforte uno specchio per guardarsi e aprire la bocca come lei desidera; accanto allo specchio un disegno che ritrae un cranio umano visto di profilo, con la bocca aperta : dalla mascella superiore all’altezza degli incisivi fino ad arrivare al centro del cranio vi è una raggiera di note musicali, la posizione del suono nota per nota, dal grave al medium ad acuti e sopracuti. Il Do e i Re acuti, per intenderci, sono posizionati al centro del cranio, dietro al palato molle …mentre il medium e le note gravi del registro procedono lungo il palato… altro che Natura! Altro che Istinto!!! La tecnica di Ghena Dimitrova è frutto di un’analisi e di una ricerca che più dettagliate non possono essere! Ogni suono è pensato, previsto, posizionato ed… emesso.
La tendenza è quella di allargare i centri, comunque di allargare la voce. Le voci bulgare sono così: a gola apertissima, voci potenti, ampie, risonanti, voci “teatrali”. Soprattutto sono ‘voci avanti’, persino quelle un po’ ingolate hanno una risonanza importante, che in teatro assume il connotato della voce che corre. Sono voci per Verdi, per i repertori drammatici, quella è l’inveterata tendenza e Ghena Dimitrova non si sottrae alla regola.
Dopo qualche vocalizzo, con la bocca atteggiata a sorriso, ti rendi conto che le cose sono due: o ti viene un volume doppio rispetto a quello che pensavi di avere prima, o resti afono e puoi pure ritirarti di buon grado. Il fiato ha la sua importanza, certo, ma non come in altre scuole: qui domina la posizione, la gola larga, il suono proiettato in avanti , il suono alla Ghiaurov, alla Dimitrova. Ghena percuote la tastiera con la grazia di un bulldozer, sembra che voglia far cantare come un tenore anche il pianoforte! “Vomita il suono! Apri la gola! Liberare, liberare! “.
Un allievo canta Jago, tutto forte, dalla prima all’ultima nota, la dizione è ostrogota. “Una bella voce! Noi in Bulgaria abbiamo voci bellissime, ma ci manca la lingua italiana, il fraseggio italiano… quelle belle vocali pronunciate bene…Voi italiani avete un vantaggio enorme: la pronuncia, il fraseggio. Con la pronuncia fai molto, già il 50%, il pubblico vuole capire le parole. La pronuncia aiuta anche la tecnica, come no!”.
Ghena ha mantenuto intatta la sua vocalità fino all’ultimo. Aveva perso forse la sicurezza sul fenomenale Do (quello delle tante cabalette di Abigaille, delle Turandot, delle Lady Macbeth…) , ma il resto era lì: la solita cooperativa di soprani! Quando da ragazzina cantava nel Coro la voce sforava sempre e copriva le altre, così la fecero debuttare… Nabucco!!! Avrebbe cantato quest’opera per quasi 30 anni di fila, un vero record.
Da circa tre, quattro anni soffriva di sbalzi di pressione, accusava improvvisi brividi, di tanto in tanto. I medici le dissero che era labirintite e così la curarono. Invece era un tumore al pancreas. Un mese e mezzo fa se ne resero conto, ma tardi. La fibra forte e temprata ha resistito quanto ha potuto.
Non chiedetemi ora perché penso alla sua Elisabetta nel Don Carlos, cantata stupendamente a fianco di un’artista che Ghena ammirava moltissimo, Boris Christoff. “Non pianger mia compagna”… quei pianissimi così eterei, che esprimevano la rassegnazione e la tristezza di una donna sola, incompresa.
Grazie Ghena per tutto ciò che hai dato e scusa se ho parlato così, senza un ordine preciso, come mi veniva. La tristezza toglie un po’ di lucidità al pensiero ma libera tante pulsioni interne, proprio come la gola aperta libera la voce.
Spero soprattutto di averti fatta conoscere, un pochino, a coloro che non hanno avuto questo privilegio.
Enrico Stinchelli