Toscanini è stato il suo mentore e la sua gloria imperitura, Toscanini è stato anche il padre padrone, il colossale macigno, forse anche l’incubo della sua lunga esistenza.
Ancora una volta, e non sarà l’ultima, è il caso a suggerirci una impressionante verità: il baritono che più amò e odiò il Maestro dei Maestri scompare a cinquant’anni esatti dalla morte del suo totem, ma solo fisicamente. Perché Giuseppe Valdengo dal 1957 a oggi non ha vissuto, nel vero senso della parola: è sopravvissuto, annegando tra i ricordi, parlando e cantando con le sue ombre lontane,a volte benevole, a volte minacciose. Il baritono Valdengo, artisticamente parlando, finì con la morte di Toscanini.
La Valle d’Aosta è una grande , meravigliosa prigione. Cinta dalle vette più alte d’Europa, ogni giorno uguali eppur cangianti, attraverso le rifrazioni magiche dei raggi solari o delle nubi, che si posano sul Col di Joux o sul massiccio del Monte Bianco. La casa di Valdengo è appollaiata poco sopra Saint-Vincent, a due passi dal casinò e sotto al Monte Zerbion che, lo sanno bene gli abitanti del luogo, è perennemente afflitto da fitti piovaschi, anche quando il resto della vallata è baciato dal Sole più allegro. “Questa casa ha sette porte” , diceva pomposo il baritono torinese, “Sei per entrare e una sola per uscire”. Solo oggi capisco bene cosa intendeva dire: da un lato la voglia di ospitare, di insegnare, di comunicare, di avere una finestra aperta sul mondo che “teneva in gran dispetto” , dall’altro… quell’ unica porta pareva quella di un carcere, nel quale era rinchiuso lui con i suoi pensieri, la sua musica, la sua vita, i suoi documenti, i suoi abiti di scena, ma anche chi entrava nel suo alveo, chi faceva parte del suo consesso, quasi un club. Ecco: il Club Valdengo, mi pare una buona definizione della sua Scuola di Canto.
Lo conobbi la prima volta grazie al maestro Luciano Bettarini (che insegnò canto a Bastianini, Tagliavini e infine ad Andrea Bocelli, tra gli altri). Bettarini passava l’estate a Ivrea, a 30 km da Saint-Vincent e fu sua l’idea di andare a rendere omaggio al mitico baritono, un giorno in cui nessuno sapeva cosa fare. Fummo accolti con il tipico atteggiamento del piemontese educato, cortese ma diffidente, sempre pronto a difendersi in caso di attacco; mi sentivo un intruso, dico la verità. La casa era carina, non grande ma sistemata con cura. Nel soggiorno un grande pianoforte a coda e le pareti interamente tappezzate da fotografie e ritratti, la maggior parte con autografo: Bjoerling, Del Monaco, la Barbieri, Di Stefano, Herva Nelli, la Tebaldi e Toscanini. Non tardavi ad accorgerti che Toscanini era ovunque: ritratti, cammei, foto, busti, medaglioni, copertine di dischi. Su tutti dominava un quadro a olio che raffigurava di profilo il Maestro e dietro a lui, come un ‘ombra anch’essa di profilo, Giuseppe Valdengo. Nell’ombra di Toscanini, quel quadro diceva tutto. La moglie Adele (la seconda moglie) mi disse quasi subito:”Non vuoi lavarti le mani?” . Restai stupito per questa domanda ma risposi che lo avrei fatto volentieri, prima di mangiare. “Vai in bagno”, replicò la signora, “ne vale la pena!” , e scoppiò in una risata luciferina. Abbastanza sconvolto andai in questo famoso bagno, ormai curiosissimo. Ovunque foto, anche lì: sopra il wc campeggiavano Alessandro Corbelli e Bruno Praticò. Dovevi vederli per forza se impegnato nelle classiche funzioni da toilette! Non capivo. Non tardarono le spiegazioni e fu ancora la signora Adele a fornirmele: “Sono gli allievi prediletti di Pino. Prediletti e ingrati. Si sono dimenticati di lui una volta raggiunto il successo, lui che li ha creati dal nulla! Senti qui!” , ed estrasse un registratore dove era stata già collocata ad arte una cassetta, con le voci imberbi dei due allievi irriconoscenti. Mi resi subito conto che quello spettacolo era preparato come una messa in scena studiata nel dettaglio: la toilette, le voci degli ingrati, i ricordi toscaniniani. Qui Valdengo prendeva la scena ed esibiva nell’ordine: il video dell’Aida completa in bianco e nero (all’epoca non l’aveva nessuno) , un montaggio Toscanini-Muti con sberleffi indirizzati al secondo, e poi lettere,filmini, ancora nastri inediti di Toscanini a un anno dalla morte, registrato a sua insaputa. Un turbinìo di aneddoti, documenti, rivelazioni, e un fiume di insulti rivolti a tanti protagonisti del mondo operistico posti al di fuori, s’intende, dell’orbita toscaniniana: da Gavazzeni a Karajan, da Muti ad Abbado, nessuno escluso. Inutile elencare i nomi dei cantanti. Ne salvava pochissimi: Del Monaco, la Tebaldi, un pochino Di Stefano, Siepi, Pasero, Pertile…ma non andava oltre. Non sto a ripetere cosa diceva della Callas, per lasciare intatta la sua memoria nel trentennale dalla scomparsa.
Era un uomo amareggiato, nonostante i grandi successi e la gloria acquisita, indubbiamente per meriti artistici e non per raccomandazione. Una solida formazione musicale (diplomato oboista), una bella voce di baritono lirico, piuttosto chiaro, dal colore che all’anziano Toscanini ricordava il prediletto Mariano Stabile, la stessa eleganza nel porgere, la stessa dizione scandita, persino molti accenti. Sapeva legare, sapeva cantare piano (memorabile resterà l’attacco di “Ma tu re, tu signore possente” nel secondo atto di Aida), sapeva modulare, aveva una bella figura slanciata, una faccia simpatica, non gli mancava nulla. Il carattere, però. Un caratteraccio. Non la mandava a dire. In un ambiente che della diplomazia (per non dire “ruffianeria”) ha fatto addirittura un culto, un modus vivendi, Valdengo si muoveva male: sottolineava , lui musicista, gli errori dei colleghi più impreparati, spesso intervenendo con brutalità. Le prove del leggendario Falstaff con Toscanini dimostrano che, colto in fallo, rispondeva addirittura al Maestro, facendolo inferocire:”Fai meno recite e presentati più preparato!”, “Eh Maestro, devo pure mangiare!” ,”Mangiare! Mangiare! Quella brutta parola…” urlava Toscanini. Aveva l’ossessione dei filmini, girava sempre con la telecamera, al punto tale da riprendere persino Siepi in bagno e Di Stefano, ubriaco, circuìto da un’assatanata Barbieri. Cosa che, ai diretti interessati, non piacque affatto.
Morto Toscanini, che lo plasmò a suo piacimento per le registrazioni storiche di Aida, Otello e Falstaff, Valdengo restò ancora in America e poi approdò in Italia, convinto di trovare una marea di contratti. Fu invece la più amara delle sue delusioni: il fatto di essere stato “il baritono di Toscanini” gli attirò invidie e maldicenze, un po’ in tutto l’ambiente.”Dicci un po’, cosa voleva qui il Maestro?” , così lo apostrofavano i maestruncoli, sbeffeggiandolo. Cantò Falstaff in costume, solo una volta, alla Sagra Musicale Umbra, poi mai più. Con tutto il rispetto per alcuni grandi colleghi degli anni Sessanta e Settanta, Valdengo avrebbe tranquillamente meritato una scrittura a fianco di costoro: penso a Taddei , Bruscantini, Panerai. Le porte si chiusero, tutte. Ciò accade anche a seguito di una inchiesta, del tipo “mani pulite” , avviata proprio da Valdengo e da un coraggioso magistrato, verso la metà degli anni Sessanta. Valdengo mi disse che giunse a rincorrere presso vari aeroporti alcuni famosi colleghi per raccogliere le firme contro questo o quell’agente o sovrintendente corrotti: firmarono in pochi, tra cui Del Monaco, la Tebaldi, la Simionato. Ma la maggior parte no e tutto sfumò nel nulla, come tante cose italiane. Valdengo fu “fatto fuori”. Già verso il 1965 non se lo filava più nessuno, eccezion fatta per i modesti dischi dei fratelli Fabbri, un Barbiere col tenore Cucuccio (lui che aveva cantato con Bjoerling e Di Stefano!) , un Elisir con un declinante Tagliavini …dischi registrati a Praga, sotto la neve, in condizioni da accampati e senza una lira. A pensarci bene ne aveva di ragioni per essere perennemente incavolato . Il carattere da battagliero si trasformò in depresso, brutta cosa. Andò via da Torino e si spostò nella villetta valdostana. Gli fu “regalata” da una coppia di svizzeri fanatici di Toscanini: “Quanto può pagarla, Maestro?” gli dissero e lui “Un milione di lire (500Euro)!” , “Ecco le chiavi! La casa è sua!”. Le cose andarono così. Mi mostrò una lettera di Gavazzeni:”Caro Valdengo, ho ascoltato ieri con attenzione l’Otello di Toscanini: il Maestro, sempre grande, ma voi artisti….”. A distanza di 15 anni da quella lettera Valdengo vide in Tv una diretta dalla Scala, I due Foscari, diretti da Gavazzeni. Gli scrisse così:” Caro Maestro Gavazzeni, ho appena visto in Tv I due Foscari: Verdi sempre grande, ma Lei….”. Questo era Valdengo.
Un maestro di canto severissimo, un carabiniere, un gendarme. Si faceva lezione ogni giorno, quando suonava una specie di cornetta di postiglione era l’ora…vocalizzi su vocalizzi, il fiato, il fiato, il fiato….il fiato è tutto . Diceva tantissime cose giuste, curava il fraseggio, distribuiva a fine ciclo una cassetta denominata “Valdenvocal” , con vocalizzi da fare per conto proprio , a casa, o in viaggio, un vademecum, corredata dai suoi consigli: “Quando vai sugli acuti tieni sempre le chiappe del c.. ben chiuse!”. I trucchi del mestiere.
In tante occasioni era allegro, io poi sapevo farlo ridere. Un giorno si travestì da Gianni Schicchi (nasone rosso, abiti d’epoca, ec.) e tutti i suoi allievi fecero altrettanto, girammo così per le strade di Saint Vincent, come se nulla fosse. Bisognava vedere la faccia delle persone! Aveva un baule pieno zeppo di ricordi del Met: spade, corazze,mantelli, persino alcune posate e bottiglie provenienti da casa Toscanini, ovviamente.
Piangeva spesso... povero, caro Valdengo: quante sere ad ascoltarlo, a sentirlo rievocare Toscanini di cui parlava con amore e con odio, in egual misura. L’ho visto ancora piangere da Vespa, pochi mesi or sono, in occasione della puntata dedicata a Toscanini. “Scusate se piango” , disse , “ma è un pianto di gioia!”. Ora ha raggiunto il Maestro e se il Paradiso è il Paradiso, come noi tutti speriamo forse un po’ stupidamente, beh…allora spero che lassù Valdengo incontri il suo fantasma e prima di abbracciarlo, gli dia una bella pedata sul sedere, liberatoria.
Ascolta
G. Verdi
Rigoletto: "Pari siamo" - Città del Messico, 1948
Rigoletto: "Si vendetta..." - Città del Messico, 1948
(con Nadine O'Connor) - Dir. R.Cellini
G.Donizetti
Don Pasquale: "Bella siccome un angelo" - New York, 1950
Per ascoltare i brani audio proposti è necessario Real Player. Per procedere all'ascolto, cliccate con il tasto sinistro del mouse, sul titolo del brano.
To listen the audio files you need Real Player. Click on the title of the audio file with the left button of the mouse to listen to it
Enrico Stinchelli