La scomparsa di Bernard Haitink lascia un vuoto immenso nel mondo della musica e della cultura. Un vuoto che sarà colmato in parte dalle sue incisioni, dalle registrazioni dei suoi concerti e dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto e lo descrive come uomo riservato, antidivo, la cui attività artistica è espressione di un modus raro di far musica, di servirla, di “dirigerla” il meno possibile ma di concertarla e trasformarla in un atto di conoscenza ed esperienza spirituale profonda.
Haitink si è spento a Londra all’età di 92 anni, dopo 65 di vita musicale costellata di incisioni e concerti in tutto il mondo.
Messaggi di cordoglio di numerosi artisti e delle più importanti istituzioni hanno inondato il web per ricordare il celebre direttore olandese e la sua lunga carriera.
Con Haitink finisce un’epoca, un modo antico di stare sul podio, di stabilire un’alchimia e un’empatia davvero speciale con l’orchestra, di trasmettere il respiro più profondo della pagina musicale, illuminandone i contrasti, le tensioni formali, i dettagli, le preziosità. Assistere ai suoi concerti voleva dire rimanerne folgorato per la coesione, il colore cangiante delle sezioni strumentali, per la naturalezza del fraseggio e la ricerca continua di un suono che diventava spazio vitale, un’aura dentro cui emergevano e fiorivano la filigrana del contrappunto, il disegno delle voci, la forza profetica del canto. Le dinamiche, il respiro degli attacchi, ciò che nasceva dall’orchestra erano frutto di un sodalizio, un’intesa profonda restituita poi come atto d’amore, un legame che continuava anche dopo ogni esecuzione, come quello con la Royal Concertgebouw Orchestra, durato ben 27 anni.
Dopo gli studi di violino e direzione d’orchestra al Conservatorio di Amsterdam, Haitink frenquentò i corsi di Ferdinand Leitner alla Radio Unie olandese. Poi il debutto con la Royal Concertgebouw Orchestra nel 1956. Numerosi sono gli incarichi che lui ha ricoperto come direttore musicale, collaborando con le più prestigiose orchestre tra cui la London Philharmonic Orchestra, la Glyndebourne Opera Festival, la Royal Opera House Covent Garden, la Boston Symphony Orchestra, la Dresden Staatskapelle, la Chicago Symphony Orchestra, l’European Union Youth Orchestra e la Gustav Mahler Jugendorchester. Come direttore ospite ha lavorato anche con l'Orchestre National de France, i Wiener Philharmoniker e la Bavarian Radio Symphony. Era membro onorario dei Berliner Philharmoniker e dopo la scomparsa di Claudio Abbado aveva accettato la guida dell’Orchestra Mozart, riportandola in vita dopo tre anni di silenzio.
Il suo repertorio comprendeva sia l’opera sia le pagine sinfoniche. Mirabili le sue interpretazioni di Beethoven, Brahms, Schumann, Tchajkovskij, Bruckner, Mahlere Dmitri Shostakovich e, per l'opera,soprattutto Britten e Wagner.
Molti sono i video che lo ritraggono nelle sue interpretazioni più significative, da quelle giovanili a quelle ultime in cui si osserva forse una postura piegata dall’età, il gesto più essenziale ma sempre acceso da un forte magnetismo.Quello stesso magnetismo che colpisce nell’Adagio della Nona di Mahler al Concertgebouw, il 25 dicembre 1987. Siamo alle ultime note diafane della sinfonia. Le sue braccia sono alzate, lasciando che il silenzio della partitura invada la sala. Le mani sono tremanti e la destra lascia cadere la bacchetta. Il tempo sembra trattenere ancora il respiro. Poi gli applausi. Il suo viso è sfinito, pieno di lacrime, come di chi ha visto i bagliori e le pieghe più dolorose di quelle trame ultime di Mahler.
Ci mancherà molto. Ci ricorderemo la sua profonda umiltà, quel sorriso appena accennato sulle labbra, quegli occhi sempre pieni di luce e di piccole commozioni che lo sorprendevano tra le pagine della sua musica. Un dono di cui noi tutti gli siamo riconoscenti.
Nicola Guerini
Nicola Guerini