In chiusura di questo pessimo 2020 pubblicare come di consueto “Il meglio visto da OperaClick” suonerebbe come un ossimoro, un clamoroso nonsense. Dallo scorso mese di marzo il mondo teatrale è come passato all’interno di un tritacarne e ne è uscito letteralmente a pezzi. Non che prima godesse di ottima salute!
Prima il lockdown duro, poi la riapertura parziale con ingressi contingentati, infine la concessione di effettuare spettacoli a porte chiuse con trasmissioni TV e streaming. Le partite IVA artistiche a casa in attesa di una chiamata che per la stragrande maggioranza di loro non è arrivata; a lavorare sono stati quasi ovunque gli stessi. Anzi, sorge quasi il sospetto che qualcuno abbia lavorato più durante questo nefasto 2020 che in condizioni normali.
È ovvio che, dalla situazione vissuta, estrarre “Il meglio del 2020 visto da OperaClick” sarebbe fare un torto a teatri ed artisti che, loro malgrado e per i motivi più svariati – economici, organizzativi, infettivi –, sono rimasti tagliati fuori dai giochi. Solo per fare un esempio penso alla sera del 18 ottobre quando io e mia moglie, già vestiti e pronti per recarci al Teatro Fraschini di Pavia a vedere #2021destinazionetauride, lo spettacolo che avrebbe visto Bruno Taddia (qui l'intervista) nella tripla veste di drammaturgo, regista e naturalmente cantante – affiancato ad Anna Caterina Antonacci – , siamo incappati casualmente in un post inserito su facebook dall’amico Mario Mainino, il quale avvisava dell’annullamento dello spettacolo. Abbiamo saputo poco dopo che la causa dell’annullamento era legata ad una probabile infezione da Covid-19 di un artista della produzione. Successivamente lo spettacolo fu ripreso in altri teatri del circuito OperaLombardia ma per varie ragioni non sono riuscito ad assistervi.
Un’altra ragione che ci ha portato a sospendere la nostra consueta rassegna annuale sta nelle divergenze di giudizio riscontrate tra i giornalisti, talvolta presenti in teatro, ed il pubblico a casa fruitore dello spettacolo mandato in TV o streaming. Dobbiamo riuscire a tornare presto alla normalità, ricominciando a frequentare i teatri in quanto così non funziona. O tutti in teatro o tutti fuori. Lo dico anche contro i miei interessi, ma ritengo che non abbia senso far entrare i giornalisti se il pubblico è costretto a casa. In condizioni normali, con un pubblico presente e magari “protagonista” di una contestazione alla regia o al tal artista, anche la critica deve darne conto e magari è costretta a farsi qualche domanda in più. Non è detto che il pubblico abbia sempre ragione, ma certamente non può essere ignorato.
Va anche detto che per far diventare credibile ed apprezzabile attraverso un video una produzione operistica, nata per essere assaporata da un pubblico in presenza, non è sufficiente piazzare delle telecamere ma soprattutto è errato affidarne la ripresa a chi di opera non capisce un tubo. I primi piani effettuati alla povera Desdemona (Marina Rebeka) nell’Otello del Maggio Musicale Fiorentino sono riusciti perfettamente a svelare che, quella che in teatro appariva come una chioma fluente, nella realtà televisiva era qualcosa di più simile ad una scopa di saggina. Differenze riscontrate anche sotto i vari aspetti musicali. Per rimanere al medesimo Otello fiorentino: i giorni seguenti la recita, mandata in onda in leggera differita da RAI 5, abbiamo letto parecchi articoli, dei critici presenti in sala, osannanti la direzione di Zubin Mehta; meraviglie purtroppo non percepitesi dall’ascolto televisivo. Per tralasciare i benefici delle voci fonogeniche, spesso piccole in teatro, rispetto a quelle più sonore che risultano private degli armonici percepibili solamente live.
Certamente di questi tempi ben venga lo streaming o, per dirla alla milanese, “Piutost che nient l'è mej piutost” ma che nessuno osi pensare di farla diventare il futuro e la normalità. Conosco amici, grandi appassionati d’opera, che non riescono a guardare l’opera attraverso un monitor, fra questi anche dei collaboratori di OperaClick. Detto ciò, sarebbe un bene che questa forma di distribuzione via cavo avesse un futuro anche quando l’emergenza sarà completamente rientrata in quanto consente di vedere opere rappresentate in teatri irraggiungibili ai più.
Prima di chiudere questo pippone vorrei esternarvi un’ultima riflessione. Immagino che nel corso dell’ultimo anno tutti i lavoratori italiani, appartenenti al mondo dell’opera lirica, si siano definitivamente resi conto di far parte di una categoria che dire non considerata è un eufemismo. In un paese come il nostro che si basa su un’economia di stampo capitalistico in cui tutto si regge sul ben noto rapporto fra domanda e offerta, la semina e la crescita di nuovi appassionati è di fatto l’unica vera, assoluta priorità su cui tutti dovremmo concentrarci e lavorare. Nei mesi in cui i teatri erano aperti con ingressi contingentati e gli over 60 avevano più di un timore ad uscire di casa, si sono viste parecchie sale semivuote. Vi sono stati streaming, talvolta anche interessanti, che hanno mostrato poche decine di utenti collegati. Situazioni che purtroppo sdoganano a cascata il peggio del peggio, anche da parte di alcuni manager teatrali che si sentono autorizzati ad offrire contratti con retribuzioni oltre il limite del ridicolo. Conosco artisti che hanno deciso di appendere le corde, ancora perfettamente sane, al chiodo e giovani talentuosi cantanti che stanno pensando di rivedere drasticamente i loro obbiettivi lavorativi e di vita, formandosi in altri settori.
E come spesso accade, anziché mettere da parte le invidie e le piccolezze dell’essere umano, ci sono individui che assurdamente remano contro chi cerca di fare qualcosa di buono. Mi viene in mente il “1° concorso di Canto Lirico Virtuale SOI Scuola dell'Opera Italiana Fiorenza Cedolins” – quest’anno alla sua seconda edizione –, il quale offre un barlume di speranza a tanti giovani cantanti che negli ultimi tempi non sanno veramente dove sbattere la testa e che invece, secondo i soliti maligni, dovrebbe essere evitato in attesa di poter fare “audizioni vere”, in presenza. E quale sarebbe la controindicazione nel fare ascoltare una propria registrazione creativa ad una giuria che vede, fra gli altri, la presenza di direttori artistici dei più importanti teatri nazionali e internazionali? E dove starebbe la controindicazione nel tentare di vincere qualche soldino vero in un momento di vacche magre qual è l’attuale? È ovvio che nessuno dei giurati proporrà mai ai concorrenti un contratto sui cui porre la firma prima d’essere riuscito ad organizzare un’eventuale audizione da effettuarsi in teatro, ma già la possibilità di potersi far ascoltare non mi pare un’opportunità da buttare. Ma si sa, è sempre più facile criticare ciò che fanno gli altri anzichè tirarsi su le maniche e inventarsi qualcosa di utile e interessante.
Ci sono altre cose che vorrei dire. Mi piacerebbe fare altri esempi per far notare come il Covid-19 non sia la causa dei mali in cui versa il mondo teatrale ma solo il vento che ha spostato la polvere facendo emergere ataviche criticità. Ma credo non siano argomenti da saluti di fine anno e proverò ad inserirli in un mio prossimo editoriale.
Voglio chiudere ringraziando di vero cuore tutti gli amici che anche quest’anno hanno collaborato nel mantenere viva OperaClick. Infine, un enorme grazie va a chi anche durante questo “indimenticabile” 2020 ci è stato vicino e ci ha sostenuto leggendo i nostri articoli.
Un po' per scaramanzia ed un po’ perché non credo ve ne sia bisogno, tanto difficilmente potrà andare peggio, tralascio di farvi gli auguri per l’anno nuovo. Non me ne vogliate.
Danilo Boaretto